Lei è Mamma Marta, la Mamma della piccola Beatrice ed entrambe sono il cuore luminoso di Dindalon, un Blog dove si parla di esperienze, di vita da mamma e da figlia e si percorrono questi sentieri anche attraverso quelle che sono le conoscenze di Marta, educatrice della prima infanzia.
Lei è solare, come la Sua bimba, ed e una fonte di nuovo sapere per innumerevoli motivi: perché il confronto aiuta a capire quali percorsi seguire per il bene dei nostri figli, perché le idee che sviluppa nel Blog stimolano la manualità, la scelta del fatto in casa per la merenda o per produrre le tempere. Poi, è motivo di riflessione per quelle Mamme, come me, che per un motivo o per l’altro non sono riuscite o non hanno voluto allattare a lungo e per quelle Mamme come me che hanno optato per lo svezzamento tradizionale, senza nulla sapere sull’autosvezzamento, o che sono arrivate al bivio di questa scelta importante per l’autonomia dei propri figli.
Il confronto è crescita e allora, sediamoci e ascoltiamola mentre ci spiega perché optare per l’allattamento prolungato, cosa significa autosvezzamento e tra regole da manuale e consigli delle nonne: cosa è giusto fare in determinate situazioni.
Buona lettura!
• Chi sei? Perché è nato Dindalon? Quali sono i tuoi obiettivi?
Mi chiamo Marta e ho 32 anni. Adoro viaggiare, vicino o lontano poco importa, basta andare, ma ho un debole per il mare. Sono meteoropatica e dunque un po’ lunatica. Ho scoperto da poco l’interesse verso le belle foto e mi diletto in cucina tra semplici e veloci ricette, soprattutto dolci (da vera golosa quale sono!). Sono sposata da 7 anni (+ 5 di fidanzamento!) e ho una bimba di tre anni e mezzo, che si chiama Beatrice. Dindalon nasce proprio con lei, con la voglia di condividere la nostra esperienza un po’ fuori dagli schemi attuali: la maternità mi ha aperto un mondo sconosciuto, che ho scoperto giorno dopo giorno, cascando un po’ dalle nuvole e allontanandomi dalle idee che avevo radicate fino a quel momento.
• Chi l’ha detto che se un bimbo piange non bisogna prenderlo in braccio? Cosa è giusto fare?
Bisogna riflettere. Quali strumenti ha un neonato per comunicare con noi un disagio? Solamente il pianto. Che abbia fame, sete, sonno, voglia di coccole o bisogno di contatto, l’unico modo in cui può manifestarlo è il pianto, e il compito di noi genitori è proprio quello di accogliere e soddisfare i suoi bisogni, di alleviare i suoi disturbi e tranquillizzarlo. Ce l’abbiamo nel DNA. Quale madre sentendo il proprio piccolo piangere non sente l’istinto di accorrere in suo aiuto? Ascoltiamolo questo istinto, perché i vizi sono altri. • Perché dovrebbe dormire da solo nella sua cameretta? A che età renderli autonomi e trasferirli in cameretta? Eh.. questa è una domanda difficile. Non credo esista un’età giusta, anzi, credo proprio non sia una questione di età. E nemmeno di autonomia, perché questa non si conquista dormendo da soli. Anzi, secondo alcuni studi recenti, è proprio assecondando il bisogno di contatto del bambino (qualora ci sia, perché ricordiamoci che ogni bimbo è a sé) che questi matura la sicurezza che mamma e papà ci sono sempre, acquisendo autonomia. E poi dipende dall’obiettivo dei genitori. Noi, per esempio, dormiamo tutti insieme e ci sta bene così. Non ci siamo dati una scadenza. D’altronde per quale motivo due adulti che si vogliono bene possono dormire nella stessa stanza, mentre un bambino dovrebbe dormire nella sua, da solo? Discorso diverso per chi ha dei fratelli.
• Qual è il motivo per cui gli si lascia la libertà di autoregolarsi con le poppate e poi durante lo svezzamento gli si impongono orari e quantità di cibo? Si tende a credere che, improvvisamente, il bambino non sia più in grado di autoregolarsi, e gli vadano imposti orari e quantità di cibo. Probabilmente perché si è sempre fatto così. Ma, anche in questo caso, bisogna ragionare. Cosa cambia dal latte al cibo solido? Nulla, li sfamano entrambi. I bambini sanno se e quanto hanno appetito, molto più di noi adulti, che ci facciamo influenzare dalla gola o dal “è ora di mangiare”, solo perché indicata da un orologio. Loro sentono realmente quel che gli dice la loro pancia, e questo vale sia per un neonato che per un bimbetto di 6-7 mesi alle prese con lo svezzamento, e anche più avanti, se lo si lascia fare.
• Allattamento prolungato: perché sceglierlo?
L’allattamento è un impegno, è faticoso, è stancante. Ma regala anche dei momenti magici e impagabili. L’evoluzione dell’allattamento è molto personale, è un argomento che dovrebbe riguardare solo mamma e bimbo, mentre spesso non è così. Io posso parlare della mia esperienza di allattamento prolungato, ma non voglio insinuare che questa sia la strada migliore per tutti. È la strada migliore per noi. Perché per me è la cosa più naturale del mondo e non ho motivi per interromperla. Perché io sono stata a casa con Beatrice per i suoi primi tre anni, forse con lo stress lavorativo sarebbe andata diversamente. Perché l’allattamento non è solo nutrimento, è anche una coccola. Perché non ha controindicazioni e, quindi, perché no?
• Autosvezzamento: come lo spieghi ad una mamma che muove i primi passi secondo i canonici step dello svezzamento tradizionale e quindi esclusivamente a braccetto con il pediatra?
Autosvezzamento, lo dice la parola stessa, significa che il bambino si svezza da sé. Non siamo noi ad imporre orari né quantità di cibo e non sostituiamo nessuna poppata in favore di un pasto solido. Lasciamo che questo avvenga gradualmente ed autonomamente. Il termine più corretto per denominare questo approccio è alimentazione complementare a richiesta: complementare perché il cibo si aggiunge al latte, a richiesta perché sarà lui a dimostrarci di avere appetito e di essere interessato a quello che mangiamo noi. L’autosvezzamento, infatti, dà grande fiducia al bambino, ai suoi gusti e alle sue sensazioni. Il nostro compito è quello di preparare pasti sani ed equilibrati, (e questo non può che essere un bene per tutta la famiglia!) e lasciar fare a lui. Una delle scuole di pensiero dell’autosvezzamento prevede di fare in modo che il cibo sia di dimensione adatta ad essere afferrata dal bimbo, in modo che sia autonomo nella sua gestione, mangiucchiando quello che esce dal suo pugnetto. Diversamente, strada che personalmente ho preferito, si sminuzza e lo si aiuta con il cucchiaino.
• Quanto della tua esperienza hai trasmesso nel blog (riferimento ad articoli dove parli di svezzamento)?
Nel blog parlo proprio della mia esperienza personale, di come mi sono avvicinata a questo tipo di svezzamento (“E autosvezzamento sia“) e di come abbiamo iniziato con Beatrice, quale scuola di pensiero abbiamo preferito seguire (“Chi ben comincia – Autosvezzamento“), dei riscontri positivi di questa scelta (“Autosvezzamento e varietà alimentare“) .
• Tutto questo trattato nel dettaglio e quanto altro possiamo leggere sul blog?
Sul blog ho una sezione intera dedicata all’alimentazione, con qualche articolo esclusivo sull’autosvezzamento. Oltre all’esperienza personale descrivo anche i segnali da osservare per capire quando il bambino è pronto a cominciare la strada dello svezzamento, per esempio. Ma potrei scriverci ancora, perché le cose da dire sono tante, come i dubbi di chi comincia a svezzare il proprio bimbo.
• Dove possiamo trovarti?
Potete trovarmi sul mio blog “Dindalon“, e sui social ad esso dedicati: la pagina Facebook, il profilo Instagram e Twitter.
Grazie Marta e grazie a Beatrice!